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M.2.1 Premessa

  1. Il presente capitolo descrive la procedura di identificazione, selezione e quantificazione degli scenari di incendio di progetto che sono impiegati nell’analisi quantitativa da parte del professionista antincendio che si avvale dell’ingegneria della sicurezza antincendio.
  2. Gli scenari d’incendio rappresentano la descrizione dettagliata degli eventi che possono ragionevolmente verificarsi in relazione a tre aspetti fondamentali:
    • caratteristiche dell’incendio;
    • caratteristiche dell’attività;
    • caratteristiche degli occupanti.
  3. La documentazione della procedura di identificazione, selezione e quantificazione degli scenari di incendio di progetto deve essere conforme alle indicazioni di questo documento, per consentire la valutazione del progetto da parte delle competenti strutture dei Vigili del fuoco.
  4. Tale procedura consiste nei seguenti passi:
    • identificazione dei possibili scenari d’incendio che possono svilupparsi nell’attività, da cui dipende l’esito dell’intera valutazione secondo il metodo prestazionale;
    • selezione degli scenari d’incendio di progetto tra tutti i possibili scenari d’incendio identificati;
    • descrizione quantitativa degli scenari d’incendio di progetto selezionati.

M.2.2 Identificazione dei possibili scenari d’incendio

  1. Il primo passo della procedura consiste nell’identificare tutti i possibili scenari d’incendio che possono svilupparsi durante la vita utile dell’attività. In relazione a ciò si devono considerare tutte le condizioni di esercizio ragionevolmente prevedibili. Nota Ad esempio: allestimenti temporanei, diverse configurazioni spaziali dei materiali combustibili, modifica delle vie d’esodo e dell’affollamento, …
  2. Per individuare gli scenari d’incendio, il professionista antincendio può sviluppare uno specifico albero degli eventi a partire da ogni evento iniziatore pertinente e credibile. Il processo può essere svolto in maniera qualitativa, oppure in maniera quantitativa se sono disponibili dati statistici desunti da fonti autorevoli e condivise.
  3. Ogni scenario d’incendio identificato deve essere compiutamente ed univocamente descritto in relazione ai suoi tre aspetti fondamentali: le caratteristiche dell’incendio, le caratteristiche dell’attività e le caratteristiche degli occupanti.
  4. In ogni caso, il professionista antincendio deve specificare se lo scenario d’incendio ipotizzato sia relativo ad una condizione di pre-flashover oppure ad una condizione di post-flashover, a seconda dell’obiettivo da raggiungere. Nota Ad esempio: salvaguardia degli occupanti, mantenimento della capacità portante delle strutture, …
  5. Nella fase di identificazione degli scenari, il professionista antincendio deve tenere conto degli incendi che hanno interessato edifici o attività simili a quella in esame mediante analisi storica e deve descrivere:
    • evento iniziatore caratterizzato da un focolaio di incendio e dalle condizioni dell’ambiente circostante;
    • propagazione dell’incendio e dei prodotti della combustione;
    • azione degli impianti tecnologici e di protezione attiva contro l’incendio;
    • azioni eseguite dai componenti della squadra aziendale dedicata alla lotta antincendio presenti nell’ambiente;
    • distribuzione e comportamento degli occupanti.

M.2.3 Selezione degli scenari d’incendio di progetto

  1. Nel primo passo della procedura viene in genere identificato un elevato numero di scenari d’incendio possibili nell’attività. Lo scopo di questo secondo passo della procedura consiste nel ridurre il numero degli scenari d’incendio al minimo numero ragionevole, al fine di alleggerire il successivo La selezione degli scenari d’incendio è fortemente influenzata dall’obiettivo che il professionista antincendio intende raggiungere. Ad esempio, se si intende principalmente perseguire la salvaguardia degli occupanti durante la fase di esodo, possono essere selezionati scenari come quelli di seguito indicati:Il professionista antincendio seleziona gli scenari di incendio ed estrae il sottoinsieme degli scenari d’incendio di progetto, esplicitando nella documentazione progettuale i motivi che portano ad escluderne alcuni dalla successiva analisi quantitativa, facendo riferimento agli alberi degli eventi già sviluppati nel precedente passo o con altra modalità.
  2. Il professionista antincendio seleziona i più gravosi tra gli scenari di incendio credibili.
  3. Gli scenari d’incendio di progetto così selezionati rappresentano per l’attività un livello di rischio d’incendio non inferiore a quello compiutamente descritto dall’insieme di tutti gli scenari d’incendio. Le soluzioni progettuali, rispettose delle soglie di prestazione richieste nell’ambito degli scenari d’incendio di progetto, garantiscono quindi lo stesso grado di sicurezza anche nei confronti di tutti gli altri scenari d’incendio.
  4. La selezione degli scenari d’incendio è fortemente influenzata dall’obiettivo che il professionista antincendio intende raggiungere. Ad esempio, se si intende principalmente perseguire la salvaguardia degli occupanti durante la fase di esodo, possono essere selezionati scenari come quelli di seguito indicati:
    • un incendio di breve durata e con crescita veloce, che è accompagnato da elevata produzione di fumo e gas di combustione (ad esempio, l’incendio di un mobile imbottito), risulta più critico di uno che rilascia maggiore potenza termica, ma che ha una crescita lenta e dura più a lungo, anche se quest’ultimo sollecita termicamente in modo più severo gli elementi costruttivi presenti;
    • un incendio di limitate dimensioni, che però si sviluppa in prossimità delle vie di esodo di un locale ad alta densità di affollamento, può risultare più pericoloso di uno che emette una maggiore potenza termica, ma che si origina in un ambiente confinato e che si trova lontano dalle zone dove è prevista la presenza di occupanti.

M.2.4 Descrizione quantitativa degli scenari d’incendio di progetto

  1. Terminata la selezione degli scenari di incendio di progetto, il professionista antincendio deve procedere con la descrizione quantitativa di ciascuno di essi.
  2. Il professionista antincendio traduce la descrizione qualitativa degli scenari d’incendio di progetto, già elaborata nel primo passo, in dati numerici di input appropriati per la metodologia di calcolo scelta per la verifica delle ipotesi progettuali.
  3. In relazione alle finalità dell’analisi, il professionista antincendio specifica i dati di input per attività, occupanti ed incendio, dettagliatamente elencati nei prossimi paragrafi.

M.2.4.1 Attività

  1. Le caratteristiche dell’attività influenzano l’esodo degli occupanti, lo sviluppo dell’incendio e la diffusione dei prodotti della combustione. A seconda dell’obiettivo dell’analisi, la descrizione quantitativa dell’attività potrà comprendere i seguenti elementi:
    • Caratteristiche architettoniche e strutturali:
      • localizzazione e geometria dell’attività, dimensioni e distribuzione degli ambienti interni;
      • descrizione strutturale, caratteristiche dei relativi elementi costruttivi portanti e separanti;
      • descrizione materiali non strutturali e di finitura;
      • sistema d’esodo: dimensioni, distribuzione e uscite di sicurezza;
      • dimensione, localizzazione e stato di apertura/chiusura/rottura efficace delle aperture di ventilazione di progetto e potenziali, come porte, finestre, lucernari, superfici vetrate;
      • barriere che influenzano il movimento dei prodotti della combustione.
    • Impiantistica:
      • impianti di protezione attiva conto l’incendio;
      • impianti di rivelazione, di segnalazione e di allarme incendio;
      • impianti tecnologici a servizio dell’attività, come gli impianti di condizionamento, di distribuzione o di processo.
    • Aspetti gestionali ed operativi:
      • destinazione d’uso dell’attività e processo produttivo che vi si svolge;
      • organizzazione dell’attività ospitata;
      • eventuali azioni attuate dai soccorritori, previste nel piano di emergenza, in grado di alterare la propagazione dei prodotti della combustione; tali azioni devono essere considerate solo in via eccezionale e valutate caso per caso. Nota Ad esempio: chiusura di porte e attivazione manuale di sistemi di allarme che possono influire sullo sviluppo dell’incendio e sull’esodo degli occupanti.
    • Fattori ambientali che influenzano le prestazioni antincendio dell’attività. Nota Ad esempio: temperature esterne, ventosità dell’area, livello di rumore che ha impatto sulla percezione dell’allarme

M.2.4.2 Occupanti

  1. A seconda dell’obiettivo dell’analisi, il professionista antincendio descrive dettagliatamente le caratteristiche degli occupanti, in relazione all’impatto che esse possono avere sullo scenario di incendio.
  2. In particolare, la descrizione deve tener conto almeno dei seguenti aspetti ove rilevanti ai fini della tipologia dell’analisi:
    • affollamento complessivo e distribuzione degli occupanti negli ambienti dell’attività;
      • tipologia degli occupanti; Nota Ad esempio: lavoratori, visitatori occasionali, anziani, bambini, degenti, …
      • familiarità degli occupanti con l’attività e con il sistema di vie d’esodo;
      • stato di veglia/sonno degli occupanti.

M.2.4.3 Incendio

  1. A seconda dell’obiettivo dell’analisi, la descrizione dell’incendio consiste nella caratterizzazione quantitativa del focolare, in quanto sorgente di energia termica e di prodotti della combustione, secondo i seguenti parametri ove rilevanti ai fini della tipologia dell’analisi:
    • localizzazione del focolare;
    • tipologia di focolare: covante o con fiamma;
    • quantità, qualità e distribuzione spaziale del materiale combustibile;
    • fonti d’innesco;
    • curva RHR (rate of heat release), quale potenza termica prodotta dal focolare al variare del tempo RHR(t);
    • generazione dei prodotti della combustione presi in considerazione (es. CO e particolato)
  2. Ai fini della caratterizzazione quantitativa del focolare il professionista antincendio può:
    • impiegare dati sperimentali ottenuti da misura diretta in laboratorio secondo metodologia scientifica consolidata;
    • usare dati pubblicati da fonti autorevoli e condivise. Il professionista antincendio cita sempre con precisione tali fonti e verifica la corrispondenza del campione di prova sperimentale (quantità, composizione, geometria e modalità di prova) con quello previsto nello scenario di incendio di progetto, utilizzando un approccio ragionevolmente conservativo;
    • impiegare delle metodologie di stima. Nel paragrafo M.2.6 si descrivono alcune metodologie di stima mutuate dalla letteratura citata al paragrafo M.2.8.
  3. In alternativa, può impiegare i focolari predefiniti di cui al paragrafo M.2.7 nell’ambito delle limitazioni ivi specificate.

M.2.5 Durata degli scenari d’incendio di progetto

  1. Deve essere descritta tutta la sequenza di evoluzione dell’incendio, a partire dall’evento iniziatore per un intervallo di tempo che dipende dagli obiettivi di sicurezza da raggiungere come riportato in tabella M.2-1.
tabella m21 durata minima degli scenari di incendio di progetto

M.2.6 Stima della curva RHR

  1. La definizione quantitativa delle varie fasi dell’incendio qui riportata si riferisce alla curva qualitativa dell’illustrazione M.2-1.
  2. La presente metodologia può essere utilizzata per:
    • costruire le curve naturali con un modello di incendio numerico avanzato di cui al capitolo S.2, per la valutazione della capacità portante in condizioni d’incendio delle opere da costruzione;
    • b. valutare la portata di fumo emessa durante l’incendio per la progettazione dei sistemi SEFC.
illustrazione m21 fasi dell'incendio

M.2.6.1 Fase di propagazione dell’incendio

  1. Durante la fase di propagazione, la potenza termica rilasciata dall’incendio al variare del tempo RHR(t) può essere rappresentata da:

M.2.6.2 Effetto dei sistemi di protezione attiva antincendio

  1. Se nell’attività sono previsti sistemi di controllo dell’incendio di tipo automatico (es. impianto sprinkler), l’andamento della potenza termica rilasciata RHR(t) non raggiunge il valore massimo RHRmax, calcolato secondo quanto previsto al paragrafo M.2.6.3, che avrebbe potuto raggiungere in relazione alle condizioni del combustibile ed a quelle ambientali, ma può essere assunta costante e pari al valore di RHR(tx) raggiunto all’istante tX di entrata in funzione dell’impianto automatico. Tale valore permane per un intervallo di tempo pari alla durata di alimentazione prevista per l’impianto, entro cui si presume che l’incendio controllato venga definitivamente estinto mediante l’intervento manuale. Nota Allo stato attuale, in assenza di rapporti tecnici di validazione, i sistemi a deplezione di ossigeno non possono essere considerati per la modifica dell’andamento della potenza termica rilasciata RHR(t). Nota L’assunzione del valore di RHR(tx) di entrata in funzione dell’impianto automatico dovrebbe essere supportata da dati di letteratura o normazione tecnica consolidata.
  2. Se nell’attività sono invece previsti sistemi automatici di estinzione completa dell’incendio (es. ESFR, water mist, …), il loro effetto deve essere valutato caso per caso in relazione alla loro efficacia ed all’affidabilità di funzionamento.
  3. In ogni caso il progettista è tenuto a attuare le misure e le limitazioni d’esercizio previste in GSA per i sistemi automatici di protezione attiva antincendio considerati in fase progettuale, affinché non possa verificarsi la riduzione del livello di sicurezza assicurato (capitolo M.1).
  4. A differenza dell’attivazione dei sistemi automatici, l’intervento manuale effettuato dalle squadre antincendio non può essere considerato in fase progettuale ai fini della modifica dell’andamento della curva RHR(t).

M.2.6.3 Fase dell’incendio stazionario

  1. Nella maggioranza dei casi l’energia termica potenzialmente contenuta nel compartimento antincendio è sufficiente a produrre la condizione di flashover e si ipotizza che, anche dopo il flashover, la curva cresca con andamento ancora proporzionale a t2 fino al tempo tA che corrisponde alla massima potenza RHRmax rilasciata dall’incendio nello specifico compartimento antincendio.
  2. Se nell’attività non sono previsti impianti di controllo o estinzione automatica dell’incendio, si suppone che dal tempo tA fino a tB la potenza termica prodotta dall’incendio si stabilizzi al valore massimo RHRmax:
  1. Se lo sviluppo dell’incendio risulta controllato dal combustibile, come accade all’aperto o in edifici con elevata superficie di ventilazione, il valore di RHRmax può essere fornito dalla seguente espressione:
  • Se lo sviluppo dell’incendio risulta limitato dal valore della superficie di ventilazione, come generalmente si verifica in edifici con superficie di ventilazione ordinaria, allora il valore di RHRmax deve essere ridotto in conseguenza della quantità di comburente disponibile che può affluire dalle superfici di ventilazione presenti nella fase di post-flashover. In tal caso, se le pareti del compartimento presentano solo aperture verticali, è possibile determinare il valore di RHRmax ridotto tramite la seguente espressione semplificata
  • Se invece le pareti del compartimento presentano anche aperture orizzontali (ad es. SEFC), l’eventuale riduzione del valore di RHRmax deve essere valutata con modelli più sofisticati, ad esempio i modelli di campo di simulazione dell’incendio considerando tutte le superfici di ventilazione aperte sin dall’innesco dell’incendio.
  • Noto il valore di RHRmax, il tempo tA di inizio della fase di incendio stazionario si calcola con la seguente espressione:
  • La fase di incendio stazionario termina al tempo tB, tempo di inizio della fase di decadimento, in cui il 70% dell’energia termica inizialmente disponibile qf · Af è stata rilasciata nel compartimento antincendio. Il valore dell’energia qf è valutato conformemente alle indicazioni contenute nel capitolo S.2.
  • Se l’energia termica inizialmente disponibile è sufficiente affinché l’incendio superi la fase di propagazione e raggiunga la potenza massima RHRmax, cioè:
  • Se l’energia termica inizialmente disponibile non è sufficiente affinché l’incendio superi la fase di propagazione, la curva RHR raggiunge il valore massimo per qualche secondo poi passa direttamente alla fase di decadimento.

M.2.6.4 Fase di decadimento

  1. Il tempo tC, trascorso il quale la potenza termica rilasciata dall’incendio si annulla, viene calcolato considerando che nella fase di decadimento è consumato il restante 30% dell’energia termica inizialmente disponibile:

Durante la fase di decadimento l’andamento della potenza prodotta dall’incendio è lineare e quindi:

M.2.6.5 Altre indicazioni

  1. Qualora la definizione della fase di propagazione della curva RHR(t) basata esclusivamente sul tempo caratteristico tα fosse ritenuta non rappresentativa della reale evoluzione dell’incendio durante la fase di propagazione, in particolare negli edifici civili, si renderà necessaria una più dettagliata definizione della curva di crescita dell’incendio, con specifica attenzione alla propagazione dell’incendio e dei prodotti della combustione, che rappresentano i fenomeni di maggiore interesse per i problemi di salvaguardia della vita.
  2. Il professionista antincendio può pertanto valutare le possibilità che l’incendio si propaghi dagli oggetti già coinvolti dalle fiamme ad altri elementi combustibili, per mezzo di un’appropriata valutazione del rischio di incendio. Tale valutazione deve essere giustificata durante l’analisi quantitativa.
  3. Un esempio di tale approccio è chiaramente affrontato nelle NFPA 92 e NFPA 555. Questi documenti riportano alcune correlazioni impiegabili per verificare se, nelle prime fasi di sviluppo di un incendio, la potenza termica rilasciata da un oggetto incendiato possa provocare la propagazione dell’incendio ad altri oggetti per effetto dell’irraggiamento termico, in relazione alla tipologia dei materiali ed alla distanza che li separa dagli oggetti già innescati.
  4. La curva RHR può essere così ricostruita nel seguente modo:
    • ipotizzare il materiale combustibile iniziatore dell’incendio;
    • valutare la sequenza con la quale i diversi elementi combustibili presenti nell’ambiente vengono coinvolti dalla propagazione dell’incendio;
    • calcolare la curva RHR(t) complessiva, per somma dei contributi nel tempo dei singoli oggetti. Le curve RHR(t) di molte tipologie di oggetti combustibili presenti negli edifici civili possono essere facilmente reperite in letteratura.

M.2.7 Focolare predefinito

  1. Qualora si intenda omettere le valutazioni in merito alla descrizione quantitativa del focolare di cui al paragrafo M.2.4, possono essere impiegati i focolari predefiniti descritti quantitativamente secondo il metodo indicato nel paragrafo M.2.6, impiegando i valori dei parametri di cui alla tabella M.2-2.
  2. È escluso l’impiego dei focolari predefiniti nei casi in cui si valuti che i focolari attesi risultino più gravosi di quelli previsti in tabella M.2-2.
M.2.8 Riferimenti
1.      I seguenti documenti forniscono un’utile guida al professionista antincendio dal punto di vista metodologico.
2.      Identificazione degli scenari d’incendio:
a.      ISO 16732-1 “Fire safety engineering – Fire risk assessment”, descrive l’applicazione alla valutazione del rischio di incendio delle metodologie proprie dell’analisi di rischio, come l’albero dei guasti e l’albero degli eventi;
b.      NFPA 551 “Guide for the evaluation of fire risk assessment”.
3.      Selezione degli scenari di incendio di progetto:
a.      ISO/TS 16733 “Fire safety engineering – Selection of design fire scenarios and design fires”;
b.      NFPA 101 “Life Safety Code”.
4.      Stima della curva RHR:
a.      Eurocodice 1, UNI EN 1991-1-2 “Parte 1-2: Azioni in generale – Azioni sulle strutture esposte al fuoco”;
b.      NFPA 92 “Standard for smoke control systems”;
c.      NFPA 555 “Guide on methods for evaluating potential for room flash over”.
5.      Descrizione quantitativa del focolare:
a.      “The SFPE Handbook of fire protection engineering”, 5th edition, SFPE/NFPA, 2016.

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